Scegliere la cosa migliore e più duratura
Lettura: Luca 10:38-42
Schema dello studio:
Premessa
La buona parte
L’attivismo
Il risentimento e l’ irritazione
Conclusione
PREMESSA
Gesù afferma che c’è una cosa migliore e più duratura di altre, qualcosa che ha valore e che permane nel tempo. Lo scopo di questa meditazione è di scoprire quale sia, per appropriarsene.
Interpretare il testo ponendo la consueta antitesi tra servizio e contemplazione, è semplicistico e fuorviante, perché entrambi, la diaconia e l’ascolto, sono buoni e importanti. Inoltre Gesù, in quanto ebreo, non avrebbe mai proposto questa chiave di lettura, infatti nella sua cultura l’attività manuale era pregiata quanto quella intellettuale. La solita interpretazione è, con buona probabilità, frutto di un’ approccio molto più tardivo, legato all’influenza della cultura filosofica greca, su parte del cristianesimo, al tempo della teologia scolastica (1200-1500).
“Maria ha scelto la parte buona che non le sarà tolta”(42); a Marta, invece, qualcosa è stato tolto, perché ha delle rivendicazioni da fare; c’è qualcosa che la irrita e che le toglie la pace. Marta ha un risentimento. Non solo un sentimento, ma un sentimento ricorrente, che si affaccia e si riaffaccia, che cova, per esplodere alla prima occasione, con esiti imprevedibili.
Il risentimento è “uno stato d’animo di irritazione e di dispetto, provocato da una azione compiuta da altri, ritenuta ingiusta”.(Diz. De Agostini).
E’ un artiglio nell’anima, un amo conficcato nel cuore, che fa soffrire, che lacera, che è difficile “slamare” (nel gergo dei pescatori significa separare il pesce dall’amo).
E’ come un serpente annidato in seno, pronto a colpire con un morso velenoso.
Marta vive male, perché ritiene che le sia state tolte: considerazione, collaborazione, aiuto, comprensione.
Proveremo ad approfondire, cercando di capire quali siano le cose buone, durature, apprezzate da Gesù e scelte da Maria (così da imitarla); e cosa stia capitando a Marta, per evitare l’amorevole rimprovero che Gesù rivolge a questa sua amica, e anche a noi, se ci comportiamo come lei.
LA BUONA PARTE
Marta ospita “a casa sua” il Maestro con il suo seguito. Maria, sua sorella, si è resa generosamente disponibile ad aiutare (38). Ad un certo punto Maria si distoglie dai lavori di cucina, per conversare con Gesù.
Una scelta poco opportuna in un momento poco opportuno, secondo Marta.
Maria è nota per fare scelte contestate da alcuni:
ora ha lasciato il suo servizio e si è messa “ai piedi” di Gesù, nella posizione classica dei discepoli (una espressione tipica lucana, usata anche per l’apostolo Paolo “…educato ai piedi di Gamaliele…”(At.22:3)). Solo che, nella sua cultura, quella posizione è riservata agli uomini ed è giudicata inopportuna per le donne. Ma per Gesù Maria è al posto giusto e fa la cosa migliore.
Un’altra volta le viene contestato di aver versato sul capo di Gesù dell’olio profumato costosissimo. Per i discepoli, si è trattato di uno spreco; perché col ricavato si poteva aiutare i poveri. E poi, quando mai si è vista una donna ungere il capo a un Maestro? Ma, per Gesù, Maria fa la cosa giusta, al momento opportuno e degna di essere ricordata (Mc.14:3-8).
Sembra che Maria abbia la capacità di vedere più in là di dove gli altri fermano lo sguardo, e ha il coraggio di andarvi, prendendosi i rischi conseguenti. A confronto con lei, gli altri sembrano miopi.
Intuito femminile? No, anche Marta è donna, ed è una donna di fede; è sua una delle più belle confessioni di fede dei Vangeli “…io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che doveva venire nel mondo”(Gv.11/27). Forse è più opportuno parlare di una talento naturale, o di un dono spirituale.
In entrambi i casi, dunque, Maria sceglie la buona parte che non le sarà tolta. In cosa consiste?
Mettersi all’ascolto di Gesù (ossia, per noi oggi, leggere il Vangelo, ascoltare la predicazione, leggere buoni libri cristiani, meditare la Parola, studiarla e comprenderla, metterla in pratica) con attenzione, personalmente, direttamente, senza mediazioni. Riferire ciò che si è ricevuto, essere profeti e profetesse che comunicano alla gente la fresca Parola di Dio per noi oggi, la manna raccolta: al lavoro, a scuola, dal verduraio, ai fratelli e alle sorelle che si incontrano, approfittando delle occasioni, senza perderne.
Parlare a Gesù, aprirgli il cuore, dirgli quanto è amabile la sua presenza, quanto è bello stare con lui, quanto sono preziose le cose che dice, ringraziarlo per tutto quello che ha fatto, che fa e che farà per noi. Presentargli i nostri problemi, le nostre difficoltà, chiedergli consiglio, guida, forza, sopportazione, costanza, potenza, amore. E’ adorare, lodare, intercedere.
Donare a Gesù ciò che si ha di più prezioso. Riconoscere che egli ne è degno. Avere coscienza di un debito incolmabile, di una indicibile indegnità. Offrirgli il meglio di se, delle proprie risorse. Non rispondere a buon prezzo alla “grazia a caro prezzo”.
Marta ospita Gesù a casa sua, Maria lo accoglie nel cuore, desidera il rapporto con lui.
Gesù viene prima di ogni altra cosa, egli è Dio, e Dio è amore; l’amore è la cosa più importante e durevole, “L’amore non verrà mai meno…”(1Co.13:8).
Vivere le esperienze più entusiasmanti in campo religioso, ricevere i carismi migliori e svilupparli al massimo, possedere una fede che compie miracoli, avere un cuore tanto grande da donare tutto ai poveri, fino a dare la propria vita; sono tutte cose straordinarie, ma senza significato se non c’è amore, se non c’è Gesù nel cuore (1Co.13:1-3).
Scegliere la buona parte è, prima di tutto, scegliere di passare del tempo con Gesù, come sua sposa, come suo corpo; è appartenergli, appartenere al suo corpo e appartenersi nella sua chiesa, essere in comunione; rinunciare agli individualismi, agli egoismi, all’auto-affermazione, alla prevaricazione, alla rivendicazione, al risentimento. E’ vivere il servizio con amore nella pace. Ciò che Gesù gradisce più di tutto è essere accolto nel cuore e nella vita, prima ancora di essere servito.
L’ATTIVISMO
Marta quindi ha scelto la parte non buona, più scadente e più effimera. Qual è? La diaconia, il servizio pratico per il Signore? Il servire Gesù e i suoi seguaci è poco apprezzabile? L’aiutare i bisognosi non va bene?
Sicuramente il servizio pratico è buono, a meno che non si trasformi in puro attivismo, fine a se stesso, distaccato dall’amore per Gesù, senza legami con lui.
Alla chiesa di Efeso, che era scaduta a questo livello, Gesù dice:”Io conosco le tue opere, la tua fatica, la tua costanza…ma ho questo contro di te: che hai abbandonato il tuo primo amore. Ricorda dunque da dove sei caduto, ravvediti, e compi le opere di prima…”(Ap.2:2,5). La chiesa di Efeso deve fare le solite cose, le tante cose che fa, ma in modo diverso.
Gesù conosce anche le nostre opere (o la nostra pigrizia), le nostre fatiche per lui (o il nostro essere in tutt’altre faccende affaccendati), la nostra costanza (o la nostra latitanza).
Anche il prendersi cura scrupolosamente della propria spiritualità potrebbe degenerare, se diventasse un alibi per trascurare i doveri coniugali, familiari, ecclesiali, sociali.
L’insegnamento di Gesù non intende penalizzare la diaconia o il lavoro, ma dare utili indicazioni per un sano equilibrio tra attività, rapporto con Gesù e riposo, che non deve mai essere dimenticato, è un Comandamento.
IL RISENTIMENTO E L’IRRITAZIONE
Il consiglio di Gesù a Marta:”…ma una cosa sola è necessaria…” non è di facile comprensione.
Una suggestiva interpretazione propone che Gesù si riferisca al numero delle portate. Questa ipotesi viene scartata da alcuni commentatori (R.G. Stewart, L. Morris), perché la sola cosa necessaria è quella scelta da Maria, non un piatto unico.
Ammesso che non sia troppo elaborato il menù scelto da Marta, cosa non va allora?
Perché Gesù la costringe amorevolmente a ripensare alla sua reazione nei confronti di Maria?
Secondo Marta, è in Maria che c’è qualcosa che non va, ma è così?
Sono almeno due le cose che non vanno in Marta: il risentimento e l’irritazione.
Il risentimento
Marta ha un artiglio nel cuore, cova del risentimento. Qualcosa la fa soffrire, è animata da un cattivo spirito, uno spirito di paragone; le sembra che altri abbiano privilegi che a lei sono negati.
Capita a tutti, è umano, è quello che succede anche a Caino, quando considera il favore ricevuto dall’offerta di Abele.
Forse Marta pensa: <Maria se ne sta di là, a godersi gli ospiti, e mi lascia qui da sola, rintanata in cucina, a sgobbare!>. E’ lo stesso spirito che fa dire, per esempio:<Lui/lei è sposato/a, io no; lui/lei ha dei figli, io no; lui/lei ha un buon stipendio/io no; lui/lei è bello/a, io no; lui/lei svolge quel servizio nella chiesa, io no, ecc…>.
Il risentimento è la maledizione di non riuscire a dimenticare, anche etimologicamente è il ripetersi di un sentimento, che, oltre a ripresentarsi, si amplifica, consuma chi lo cova e può deflagrare causando danni seri.
E’ stato definito “passione atroce” (F.W. Nietzsche). Fa perdere la serenità. Nonostante sia masochistico (cioè faccia del male a se stessi), è difficile rinunciarvi.
Il Creatore disse a Caino: “…il peccato sta spiandoti alla porta, e i suoi desideri sono rivolti contro di te ...” (Ge.4:7).
Andare oltre questa forma di auto-lesionismo è un dono fatto prima di tutto a se stessi.
Solo la meditazione sul perdono di Dio, la confessione a lui del peccato, lo scovare il risentimento e l’espellerlo, l’unzione dell’olio dello Spirito Santo sulle ferite del cuore, possono donare guarigione.
Lo scrittore argentino Borges, in un suo racconto, immagina che Caino e Abele si incontrino nell’aldilà; solo che nessuno dei due ricorda chi sia stato l’assassino e chi la vittima. E, dopo aver ricostruito la vicenda, Caino conclude:<Ora so che ci siamo perdonati davvero, perché dimenticare è perdonare>.
Il risentimento di Marta è palese. Marta non guarda neanche in faccia sua sorella, non parla con lei, si rivolge direttamente a Gesù, rivendicando il presunto danno subito e se la prende anche con lui “Signore, non t’importa…”(40). Espone a lui le sue rivendicazioni “…Dille dunque che mi aiuti”(40). Quando siamo animati dal risentimento ne risente anche il rapporto con il Signore.
Ecco cosa non va in Marta: il suo cuore è invaso da una miscela esplosiva, composta da auto-commiserazione, frustrazione, amarezza, invidia, rancore, spirito di giudizio e di rivendicazione. Qualcosa di cui non sottovalutare la pericolosità, come il primo omicidio insegna.
Quello che manca di più a Marta non è una mano in cucina, le manca quella cosa che nessuno toglie: la buona parte, stare di più con Gesù. Se nessuno la può togliere, non ci sarà mai bisogno di rivendicazione; se si ha la buona parte, si è soddisfatti, ci si accetta così come si è, non ci si confronta con gli altri, si gioisce con chi gioisce (che è spesso più difficile che piangere con chi piange). Si accolgono gli altri, i loro caratteri, i loro doni, si impara la complementarietà nel servizio.
L’irritazione
Marta non è solo stanca, è anche molto irritata, ha perso la pace.
L’irritazione è il frutto del risentimento, non della fatica. La stanchezza contribuisce eventualmente solo alla perdita dei freni inibitori, non causa il risentimento; il cuore di Marta è invaso da questa erbaccia, urticante e infestante come l’ortica, che non cresce sul terreno lavorato della fatica nel servizio, ma che spunta spontaneamente nel campo incolto del confronto, del paragone, della rivendicazione..
L’irritazione è anche lo stato d’animo di Caino. “Caino ne fu molto irritato, e il suo viso era abbattuto.”(Ge. 4:5)
Gesù fa notare a Marta il suo stato, con l’affabilità del caso, trattandola con molto amore (una buona lezione: guai a prendere di petto chi è irritato!): “Marta, Marta, tu ti affanni e sei agitata per molte cose…” (41).
Anche il Creatore fece notare la stessa cosa a Caino, senza esprimere giudizi a priori, lasciando a lui stesso di valutare la propria condizione e indicandogli una via di uscita: “Perché sei irritato? E perché hai il volto abbattuto? Se agisci bene, non rialzerai il tuo volto?...”(Ge.4:6,7). L’irritazione è già uno stadio avanzato, può rapidamente volgere in aggressività e in aggressione, verbale o fisica.
La Parola del Signore aiuta a guardarsi dentro, a conoscersi meglio.
CONCLUSIONE
Gesù non fa la paternale a Marta, sicuramente egli si rende conto di quanto lei si stia dando da fare per ospitarlo degnamente con il suo numeroso seguito, apprezza la fatica della sua amica, ne comprende la stanchezza. Molto probabilmente, dopo questo siparietto, Maria corre in soccorso alla sorella.
Consigli pratici
Non è facile scendere nel concreto in questo genere di situazioni, perché spesso le scelte sono dettate da inderogabili necessità familiari, ecclesiali, assistenziali, economiche. Si prova a dare qualche suggerimento, senza la presunzione di proporre nulla di inedito, né di conclusivo:
Quando è possibile, è opportuna una attenzione preventiva, elaborando un progetto di vita sostenibile. Si deve tenere conto dei propri limiti (da non sottovalutare mai), invece che solamente di aspetti economici, di carriera, di prestigio. Il comandamento biblico di un giorno di riposo settimanale non deve essere mai trascurato. E’ un tempo benedetto e santificato dal Signore. Non è difficile rilevare dei danni alla vita cristiana, alla comunione, alla salute fisica, psichica e familiare, causati da esperienze lavorative stressanti.
Se invece ci si ritrova momentaneamente già incastrati nell’ingranaggio, potrebbe essere utile porsi delle prospettive di miglioramento nel più breve tempo possibile, presentandoli al Signore in preghiera. Se non si intravedono soluzioni a breve termine, potrebbe essere utile ritagliarsi possibilmente momenti di sosta, atti ad evitare di essere stritolati, ammettendo di averne bisogno prima di tutto a se stessi, chiedendo soccorso.
Infine, ma non in ultimo, possono svolgere un ruolo importante coloro che stanno attorno alle persone sotto stress. Occorre la sensibilità e la buona volontà di dare un po’ di sollievo, a volte basta poco.
Il benevolo consiglio di Gesù è chiaro, egli mi invita a tener conto che:
io sono io, con le mie risorse, con i miei limiti, con le mie attitudini, con i miei doni, con le mie scelte, che non sono quelle degli altri. Devo eliminare quel brutto spirito di paragone, che fa perdere la pace. Devo lasciarlo perdere perché dà pessimi risultati per me e per gli altri. Come mi vedono gli altri? Sono considerato/a una persona pacifica o aggressiva? Perché non chiederlo a qualcuno che ha il dono di sapermi dire cose spiacevoli?
la cosa migliore e duratura, che nessuno può togliere (se non ci se ne priva da soli), che Gesù apprezza, che da ottimi risultati, che appaga, che da piacere, che fa star bene con se stessi e con gli altri, è stare ai piedi di Gesù, accoglierlo con tutto il cuore, desiderare il dialogo con lui, adorarlo, lodarlo, donargli ciò che di più prezioso si possiede.
Autore: Roberto Montanari
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