Una donna dominata dalla sessualità

 

Lettura: Genesi 39:1-20

 

"Dopo queste cose, la moglie del padrone di Giuseppe

gli mise gli occhi addosso e gli disse: «Unisciti a me!»

Ma egli rifiutò e disse alla moglie del suo padrone:

«Ecco, il mio padrone non mi chiede conto di quanto è nella casa e mi ha affidato tutto quello che ha.

In questa casa, egli stesso non è più grande di me e nulla mi ha vietato,

se non te, perché sei sua moglie.

Come dunque potrei fare questo gran male e peccare contro Dio?»"

 

“Secondo il pensiero biblico

due esseri umani che hanno condiviso l’atto sessuale

non sono mai uguali dopo.

Non possono agire l’uno verso l’altro

come se non avessero fatto quest’esperienza.

Questa esperienza fa sì che i diretti interessati diventino

una coppia legata indissolubilmente.

Il rapporto sessuale crea un legame carnale

con tutte le sue implicazioni.”

Walter Trobisch

 

La moglie di Potifar aveva tutto ciò che una donna sposata può desiderare: un marito che occupava una posizione elevata come ufficiale del Faraone, viveva in una casa spaziosa e lussuosa, nuotava nell’abbondanza, aveva cibo e vestiti, c’erano schiavi al suo sevizio che facevano il necessario per esaudire i suoi desideri.

Era una donna viziata.

Come egiziana godeva di molta libertà più di ogni altra donna del tempo, con tutti questi elementi si potrebbe dedurre che fosse molto felice.

Ma questa conclusione si dimostra infondata perché la situazione reale era diversa.

E’ stato detto che le circostanze non fanno una persona, ma rivelano quale essa sia”, questa massima calza a pennello per la moglie di Potifar.            

Nelle Scritture incontriamo la figura di questa donna in Genesi in rapporto alla storia di Giuseppe, il capo degli schiavi di quella casa.

Giuseppe, figlio di Giacobbe e Rachele, era un uomo di una bellezza sorprendente, arrivò nella casa di Potifarre dopo essere stato venduto ai mercanti di schiavi dai suoi fratelli.

Ma la vita interiore di Giuseppe era ancora più singolare del suo bell’aspetto, egli camminava vicino a Dio.

Molte volte Dio gli aveva rivelato il futuro per mezzo di sogni ed era una delle ragioni per cui i suoi fratelli erano gelosi di lui e, quando poi si erano accorti che il loro padre lo amava più di tutti, presero ad odiarlo tanto da desiderarne la morte.

Essi si sbarazzarono di lui vendendolo a dei mercanti che passavano di lì, tuttavia fu molto chiaro che Dio era con Giuseppe, perché dovunque egli andasse la benedizione di Dio era con lui.

Perciò la casa di Potifar fu benedetta a causa sua, una relazione di reciproco rispetto nacque fra Giuseppe e Potifar .

In conseguenza di ciò le responsabilità di Giuseppe aumentarono notevolmente e fu nominato sovrintendente dell’intera casa.

La moglie di Potifar che a prima vista sembrava possedere tutto ciò che una donna potrebbe desiderare, era vuota interiormente, non aveva uno scopo per vivere.

Aveva del tempo libero e non sapeva come occuparlo, era sposata ad un uomo che si dedicava completamente al lavoro.

La Bibbia non parla di bambini, ma se ce ne fossero stati, probabilmente sarebbero stati affidati alle cure di una governante.

Forse era offesa per il fatto che il marito non le dava le attenzioni che avrebbe desiderato, una vita vuota cerca uno scopo, un cuore vuoto cerca soddisfazione.

La moglie di Potifar alla fine mostrò i desideri che erano nel suo cuore.

Non era riuscita a capire il carattere interiore di Giuseppe, la sua giustizia e la sua serenità erano per lei, unitamente alla bellezza fisica, motivo di attrazione.

Non poteva capire che ciò che aveva di speciale quest’uomo era il suo cammino con Dio.

Infatti, dal suo comportamento è evidente che non aveva inteso il legame fra Giuseppe e il suo Dio, perché umiliò sé stessa e  Giuseppe non una volta sola, ma ripetutamente.

Lei cercò di imporre sé stessa e il suo corpo, pensava di trovare soddisfazione nel sesso.

Non sapeva che il desiderio che provava era prodotto solo dalla passione e che un eccitamento delle emozioni l’avrebbe lacerata se l’atto non fosse stato ben radicato nell’amore, nella sicurezza del matrimonio.

Alla creazione Dio aveva detto:

“L’uomo lascerà suo padre e sua madre

e si unirà alla moglie

e diventeranno una sola cosa.”

 

Così la sessualità è stata messa da Dio nell’ambito del matrimonio, nel calore e nella sicurezza dell’amore che esso dà.

Diventare una sola carne deve essere il risultato dell’amore, la decisione di lasciare i propri genitori e di fare una propria casa è il giusto ambiente per l’atto culminante dell’amore sessuale.

Senza questi requisiti il sesso è solo una passione che consuma, che può degradare anche l’essere umano al livello animale.

Non si può sorvolare sui problemi della moglie di Potifar, ma essi non potevano trovare una soluzione nel sesso.

La sensualità usata in questa maniera è un inferno.

Giuseppe giustamente mise la tentazione nella sua giusta prospettiva, egli non la minimizzò, ma la chiamò per quella che era: “peccato”.

Egli parlò del gran rispetto che aveva verso il suo marito, ma ciò che più gli importava era Dio:

“Come posso fare questo peccato contro Dio?” chiese.

Giuseppe aveva ragione: la fornicazione e l’adulterio sono peccati davanti a Dio, ogni atto sessuale fuori del matrimonio è un peccato che Dio aborrisce.

L’immoralità è uno dei colpi mortali che vengono direttamente dall’inferno e che distruggono la persona che vi si abbandona.

Giuseppe sapeva bene questo perché camminava con Dio, sapeva che avrebbe fatto dispiacere al suo Creatore.

 

“Colui che commette adulterio con una donna

è privo di senno,

chi vuole distruggere sé stesso fa questo.

Ferite e disonore lo troveranno

ed il suo disonore non sarà cancellato.”  

Prov. 6:32-33

 

Salomone avrebbe scritto queste parole molti anni più tardi, ma Giuseppe n’aveva già capito il senso e aveva applicato questo principio alla sua situazione con la moglie di Potifar.

Il fatto che la moglie di Potifar non conoscesse il Dio d’Israele non era una scusante,

ella, come ogni altra persona, aveva dentro di sé il senso della moralità.

Stava disubbidendo alla legge della vita che Dio ha dato a tutte le creature del mondo alla creazione.

Diede prova di questo, quando travisò la verità dopo che Giuseppe l’ebbe respinta, lo accusò dell’immortalità che lei aveva intenzione di compiere.

La rapida fuga di Giuseppe era la prova della sua purezza di carattere, indusse la donna a compiere un altro peccato: mentire.

Essendo suo superiore aveva deciso, senza nessuno scrupolo, di rovinargli la carriera e di macchiare il suo buon nome.

Questo causò a Giuseppe molti anni di prigionia. Egli indubbiamente fu molto ferito dalle accuse disoneste, probabilmente si sentì abbandonato, anche perché in apparenza Potifar non investigò sulla situazione, forse nutrì dei dubbi sul racconto della moglie, altrimenti avrebbe messo a morte Giuseppe.

Giuseppe non si lamentò, con gioia scoprì che le mura della prigione non potevano escludere Dio, che era con lui, come era stato nella casa di Potifar.

Giuseppe fu una benedizione per tutti quelli che poi incontrò: carcerieri, prigionieri sino ad arrivare al Faraone.

Fu ricompensato per la sua lealtà a Dio e al suo padrone, gli fu dato il governo di tutto l’Egitto, egli era al secondo posto nella gerarchia di comando dopo il Faraone.

Poi sposò la figlia di Faraone e divenne suo genero, cambiò nome e divenne Zaphenath-paaneath, il protettore del popolo.

In seguito poté salvare i suoi fratelli, che l’avevano tradito, quando si trovarono nella carestia.

Giuseppe non era stato il perdente, lo era stata la moglie di Potifar.

Di lei non sappiamo nient’altro, nonostante la grandezza del peccato essa non mostrò pentimento, né chiese perdono.

In lei non ci fu nessun volontà di conoscere Dio, anche se Egli (Dio) era così desideroso di darle gioia e soddisfazione nella vita, l’occasione la poteva avere attraverso la testimonianza di Giuseppe.

Lei avrebbe potuto avere la vittoria su tutti i suoi desideri sensuali se li avesse riconosciuti in tempo come peccato. Avrebbe potuto riguadagnare il controllo della sua mente e del suo corpo dopo la prima volta che Giuseppe l’aveva respinta.

Avrebbe potuto domandare a Giuseppe del suo Dio, del Dio che guidava la sua vita. Avrebbe potuto riempire le sue ore preziose con molto più profitto.

L’ozio diventa il padre dei vizi, essa trascurava uno dei doni più preziosi della vita il “TEMPO”, l’ozio diventa il terreno che nutre i pensieri peccaminosi.

Solo dopo aver ceduto ai suoi pensieri malvagi, mise in atto il peccato, poiché le azioni sono il frutto dei pensieri e i suoi pensieri furono la sorgente della sua caduta.

La tentazione alla quale cedette la moglie di Potifar non è fuori del comune, milioni di persone sono oggi tentate nella stessa maniera, perché Satana continua ad andare in giro come un leone ruggente cercando di divorare qualcuno, Egli non cambierà mai di carattere.

La moglie di Potifar permise alla tentazione di trasformarsi in peccato perché non si oppose ai suoi desideri, né cercò di frenarli, ma piuttosto lasciò che essi la conducessero al peccato.

Essa non aveva alcun desiderio di correggersi, avrebbe avuto il tempo, l’intelligenza e la possibilità di usare la sua vita in modo positivo, ma fallì.

Nessuna buona parola può essere detta di lei perché ha vissuto senza lasciare alcuna buona impressione dietro di sé.

 

Scritto da un anonimo nel 1949

 

Trascritto e adattato da Carini Margherita

 

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